giovedì 30 maggio 2013

LA SFIDA........


La casualità si presenta di fatto come un’entità fondamentale per la generazione della vita, capace di mettere in questione diverse affermazioni sull’ordine funzionale al di là del caos. In un certo senso si può dire che le cose evolvono e si adattano all’ambiente attraverso iniezioni di bit di rumore casuale, altrimenti restano intrappolate nella monotonia della matematica. Se poi questo sia un limite della nostra matematica o  una necessità della vita non è dato saperlo”
(JOSEPH P. ZBILUT)

C’è un’affascinante dinamica non lineare che ben si adatta ai sistemi e agli esseri viventi, che intreccia il livello biologico-molecolare con quello “relazionale“ e dell’integrazione, il livello psico-sociologico, se così lo vogliamo chiamare.
Credo che il linguaggio delle parole che già conosciamo non sempre basti a descrivere la complessità del mondo e delle persone e mi piace allora girovagare  tra il sapere e le sensazioni per arricchirmi di metafore e linguaggi che spalancano le porte su “mondi altri”, su visioni da diversi punti di vista di poliedriche realtà.
Per mantenersi elastici gli esseri umani devono continuamente esercitarsi a guardare le cose da più punti di vista, evitando di irrigidirsi in una singola prospettiva. Mi piace l’idea di questa ginnastica mentale che porta alla spontaneità. E’ un esercizio costante, anche perché la nostra mente, sia per economia che per bisogno di sicurezza, tende a costruire dei punti fermi. Per i sofisti l’arte della variazione del punto di vista rappresentava un processo fondamentale, come la capacità di inventare soluzioni nuove e creative superando schemi prefissati divenuti inefficaci; infrangendo creativamente l’ortodossia. Tutto ciò anticipava la moderna filosofia della scienza, il cui imperativo etico è “comportati in modo da aumentare le possibilità di scelta” (VON FOERTER; 1971). Ecco perché oltre al linguaggio dei colori, dei suoni, dei sapori mi piace butare uno sguardo anche sul linguaggio della scienza, che molto ha da raccontarci sul nostro cavalcare le onde del nostro oceano interiore, che è anch’esso un invito a far si che la nostra mente non tenda a proteggersi, intrappolandosi in armature di pensiero. La sfida costante ai nostri limiti è, da sempre, quello che alimenta l’entusiasmo di vivere e di questo ci accorgiamo sia che analizziamo l’evoluzione umana, sia che ci caliamo nella pratica della nostra vita quotidiana. Il brivido della scoperta si oppone costantemente alla stasi rassicurante. Trovare un modo di pensare differente e anche un modo di porsi differenti domande… non è questo che ci salva dal vedere il mondo come qualcosa di terribilmente noioso?
In anni recenti nel mondo della scienza si è fatta avanti l’affascinante teoria della complessità che, per approssimazione, ci dice che vari tipi di fenomeni che non erano accessibili allo studio secondo modelli matematici, si potrebbero descrivere oggi in  termini di equazioni (o insiemi di equazioni) che rendono evidenti sistemi di relazioni e di interrelazioni prima totalmente alieni al linguaggio della matematica. La teoria della complessità applicata a campi diversissimi tra loro come la meteorologia, le fluttuazioni dei mercati economici, la dinamica dei fluidi, dei gas e gli equilibri dinamici della mente stessa (relazioni tra pensieri, relazioni tra pensiero ed emozioni, stati d’animo più o meno stabili o più o meno vorticosi) pone l’accento su quei luoghi di minore resistenza del sistema, le singolarità, lasciate al di fuori di ogni teorizzazione matematica per riconoscere loro la funzione di “varco”  verso influenze creative. La creatività di un sistema è legata a questi “indescrivibili” momenti di singolarità. Interessantissimi, in questo campo, gli studi di Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica nel 1977 per le sue scoperte sulla termodinamica. Ma quello che qui mi piace sottolineare è quello che Prigogine ci insegna come filosofo della complessità. Prigogine afferma una nuova logica scientifica, contemporaneamente valida  per le scienze esatte e per quelle del ramo umanistico. Il principio fondamentale è la sfiducia sull’idea che la natura segua sempre la vi più semplice. In realtà è vero il contrario: il funzionamento della macchina-natura è dovuto alla complessità dei processi a carattere irreversibile. Prigogine perviene a questa soluzione esaminando il fenomeno della termodinamica noto come entropia. Nell’evoluzione storica dell’universo, infatti, c’è un evento eccezionale, perché smentisce il graduale passaggio dell’energia dall’ordine al disordine (l’entropia appunto). Questo evento fu il sorgere della vita sulla terra, e la conseguente esistenza delle varie forme di vita, caratterizzate, come altri processi irreversibili, dall’autorganizzazione. L’autorganizzazione va contro l’idea anacronistica della semplicità dei fenomeni, alla quale va contrapposta la complessità che è necessariamente assenza di equilibrio energetico (entropia) e disordine fisico. Non si tratta tuttavia di una disgregazione sterile, fine a se stessa, ma di un non- equilibrio dal quale sorge continuamente qualcosa, un tipo differente di ordine. In tal modo la natura crea dei sistemi dissipativi quali gli esseri viventi, la cui caratteristica è di influire sullo squilibrio dell’energia assorbendola e restituendola esternamente sotto forma di calore.
E da qui  Prigogine sviluppa il concetto della complessità in senso filosofico per vincere la sfida dell’essere complesso integrando punti di vista finora inconciliabili: cioè la cultura umanistica e quindi il mondo delle arti e delle scienze umane e la cultura scientifica, la costellazione delle scienze esatte, fisico-naturali e chimiche. La nuova alleanza fra umanesimo e scienze della natura contrapposta a quella tradizione occidentale che  ha sempre separato, un po’ artificialmente, le due culture senza cogliere, insieme alle differenze, il nesso profondo che le collega. Entrambe, sia arti che scienze, studiano o creano sistemi complessi, operano nel segno della complessità.
Nell’universo delle possibilità un solo punto fermo: l’incertezza.
Diceva Prigogine: “Gli esseri umani hanno sempre avuto bisogno di certezze. Un tempo le avevano o credevano di averle nella religione. Poi le hanno avute nella fisica di Newton che parlava un linguaggio deterministico e non problematico come quello della scienza moderna. Oggi non è più così e non accettare questa realtà ha intrappolato perfino un genio come Einstein in contraddizioni insuperabili. La cosa importante è capire che tutto questo non è un fatto negativo, al contrario. Siamo forse all’inizio di una nuova storia dell’universo. Mi piace paragonarlo a un bambino appena nato. Non sappiamo cosa potrà fare da grande, chi sarà e diventerà. Certo, alcuni genitori vorrebbero già saperlo. Ma quello che conta, a mio avviso, non sono le nostre pretese di certezze ma le infinite possibilità dell’universo bambino.

L’essenziale “armonia” è capire che le sfide sono più stimolanti di noiosissime pseudocertezze.

lunedì 27 maggio 2013

CRONACHE PERSONALI DA UNA FINALE SCUDETTO

Credevo che questa finale scudetto del campionato di rugby fra Cavalieri e Mogliano di sabato scorso a Prato...non finisse mai! Dopo il primo tempo guardato seduta in tribuna, nel secondo tempo tutta la psicologia che ho studiato mi ha abbandonato di colpo e di quella seconda parte della partita ho visto sprazzi "pascolando" avanti e indietro fra il bar e la balaustra, guardando le facce dei ragazzi di Mogliano  che non erano in campo e la faccia di Umberto Casellato  per capire cosa stesse succedendo.
La partita l'ho rivista ieri sera in tv e oggi su internet.
Sabato era troppo l'impegno di vivere quello che stava accadendo.
Non mi addentro certo nelle cose tecniche...che non sono il mio ambito nè, tantomeno, nelle chiacchiere "da bar". Sono del parere che ognuno fa delle vittorie e delle sconfitte ciò che vuole e le utilizza come meglio crede per la crescita personale e delle persone che gli stanno intorno. Scrivo questo post per condividere  alcune riflessioni, perchè le esperienze condivise, quelle si, possono essere utili.
Conosco Umberto Casellato oramai da qualche tempo e con Umberto abbiamo sempre parlato e ragionato di psicologia, di mental coaching, di tutto ciò che riguarda una visione del rugby indubbiamente di largo respiro.
Sono pochi gli allenatori (non solo nel rugby) che hanno la capacità che ha Umberto di capire l'importanza di certi aspetti e di mettersi in gioco per primi per lavorarci sopra.
E così ne approfitto per ringraziare anch'io Umberto, non solo per un indimenticabile scudetto ma per tutto quello che mi ha insegnato, per tutto quello che porta al mondo della palla ovale.
Qualunque sia la squadra che uno ha a disposizione, qualunque sia la società, il budget o quello che è, a fare grande un allenatore sono sempre le sue doti personali oltre alle capacità teniche e tattiche. Si perchè per fortuna, nel mondo dello sport a fare la differenza sono ancora le persone.
Questo gruppo straordinario che ha portato il Mogliano allo scudetto è certamente figlio di persone straordinarie: i ragazzi tutti,la società, lo staff, i tifosi......si è visto sempre e chiaramente un esercito che ha remato sempre nella stessa direzione. Alla sua testa un grande condottiero!
Mogliano è stato quest'anno l'esempio di come l'estrema professionalità e competenza possono convivere con quella "leggerezza" che significa  mantenere lo spirito goliardico del rugby, che non ne annacqua la professionalità ma ne rafforza invece la potenza.
Di Umberto mi ha sempre colpito il suo mettersi in gioco per primo per poter sempre migliorare se stesso; e poi la percezione straordinaria di ciò che accade nel gruppo; l'assoluto rispetto per i suoi giocatori; la correttezza nelle scelte e soprattutto l'essere se stesso senza voler necessariamente piacere a tutti.
Ha un'altra caratteristica rara questo allenatore...quando parlava di scudetto forse qualcuno all'inizio lo ha pensato come un visionario non tenendo conto che a parlare era qualcuno che conosce esattamente il significato del termine programmazione e che, con le persone che compongono questa splendida squadra, dentro e fuori dal campo, questo termine così complesso...ha saputo metterlo in pratica!
Umberto e Kino Properzi sono stati davvero un grande esempio e una grande lezione per me che da loro, come mental coach ho avuto davvero la fortuna di imparare tanto: Grazie Kino e Grazie Umberto!!!!!!!!

sabato 25 maggio 2013

SORRISI ...O MALINCONIE...AUTOINGANNI DELLA MENTE

Passiamo tanto tempo a pensare a ciò che potrebbe accadere, a ciò che potrebbe mancarci, a quanto potremmo soffrire quando le storie della nostra vita, siano esse d'amore, di amicizia, di lavoro, di qualsiasi relazione con gli altri...finiranno.

Si, perchè nonostante tutto il lavoro che facciamo su noi stessi e sugli altri per diffondere la cultura del potere straordinario della nostra mente e del pensiero creativo e positivo in fondo in fondo la regola che sta sotto è quella di pensare e mostrarsi sempre disponibili ad accettare la felicità ma non troppo.....perchè comunque tanto qualcosa che la rovinerà è proprio lì, dietro l'angolo e allora meglio preoccuparsi preventivamente così quando tutto questo accadrà gli altri non ci considereranno dei poveri illusi e noi potremo dire che tanto lo sapevamo già e lo avevamo ampiamente previsto.

Se è vero, come è vero, che la nostra mente vive di paradossi e di autoinganni (positivi o negativi che siano) e che non distingue l'immaginario dalla realtà quando lo visualizziamo nella nostra testa, allora è davvero evidente che perdiamo un sacco di tempo ad immalinconirci o scervellarci per cose che non sono, che non esistono "qui ed ora".

Pensiamo a cosa è stato nel passato e crediamo che accadranno le stesse cose nel futuro, non rendendoci conto che il passato è passato e non lo possiamo modificare, ma solo rileggere in altro modo. Continuiamo a porci dubbi sul futuro, vedendo tutte le possibili minacce e proiettando sul futuro le esperienze negative passate e il buon senso spesso imposto dagli altri! E non ci rendiamo conto che non si può controllare il futuro...certo si può programmare...ma di tutte le ipotesi logiche che ci facciamo su di esso possiamo avere  un'unica certezza...l'incertezza e tutte le ansie oppure le possibilità che essa ci offre.

E così, talvolta le cose iniziano e finiscono come un soffio di vento nel vento
Se niente avviene per caso anche il vento non dev’essere solo spostare pulviscolo.


Se la scala di Mohs  misura la durezza dei minerali, non esiste forse simile scala per la durezza o volatilità dei cuori e delle anime, che non sono ordinate come i minerali dal talco al diamante.

Niente è davvero perfettamente  trasparente, neanche il vetro che metti sul quadro per proteggerlo, neanche l'abito di cristallo che puntualmente indossiamo per proteggere il nucleo della nostra identità.

L'incontro ci cambia, ci modifica, come due gocce di pioggia che passeggiano sul vetro zigzagando quà e là...talvolta si uniscono e rimangono se stesse...ognuna una goccia compiuta, che a fianco dell'altra percorre un pezzo di sentiero...non un passo avanti...non un passo indietro...armoniosamente all'unisono catturando i colori del mondo riflessi attraverso il vetro.
Accade poi che si fondano in un'unica goccia...accade, oppure che divergano...esplorando sul vetro altre gocce, altre luci, altri colori....

Assurda l'ansia del per sempre, per quanto, forse, se, ma...
L'unico tempo su cui abbiamo il controllo nella nostra epoca personale è adesso "qui e ora", "hic et nunc"...

L'unica arma per accoglierlo a braccia aperte è spesso il sorriso, l'esuberanza, l'entusiasmo, la voglia di essere se stessi.

Se poi  i nostri interlocutori non ci accettano....probabilmente significa solo che abbiamo sbagliato a scegliere la nostra tribù di riferimento.

del resto che senso ha la paura di perdere qualcuno?  E' solo dove si lascia il vuoto nelle relazioni umane che qualcuno può prendere il posto di qualcun altro...è nella fessura della tegola che entra l'acqua.. e se questo accade significa che la cura quotidiana di una relazione, non  interessava più così tanto.....e allora cosa abbiamo perso....qualcuno o qualcosa che non c'era già più... credo che i rapporti con le persone per noi importanti siano fatti del balsamo che mettiamo nella cura quotidiana di ogni giorno.... passatemi la citazione dotta, come diceva Lucio battisti in una sua canzone : "neanche un minuto di non amore..."

"qui e ora"...
si torna sempre lì :-)


giovedì 23 maggio 2013

COME DIVENTARE UN SOFISTICATO SABOTATORE DEL LAVORO DI GRUPPO


Queste tecniche sono state rubate da Boris Gertz a J Butler, il quale le ha copiate da H.A. Thelen con una leggera modifica. Questi, a sua volta, le aveva tratte indebitamente da un lavoro di Paul Diedrich ……non si sa da chi le abbia prese Paul Diedrich…….


La maggioranza delle discussioni di un gruppo operativo diventano prima  o poi un disperato tentativo di sfuggire dal problema che si ha per le mani. Ciò viene fatto spesso in modo maldestro, causa imbarazzi non necessari e lascia il gruppo privo della confortevole sensazione di essersi sbarazzati del problema.
Con la presente viene offerta una batteria di tecniche ideale  per sfuggire le soluzioni, nella speranza che renda i membri e i leaders dei gruppi abili a ritirarsi con garbo e di “scantonare” il problema in modo sofisticato e con stile.
1.     Trovate un capro espiatorio e andate avanti con quello:il management può incolpare la direzione e viceversa, la direzione può prendersela con la produzione, la produzione può prendersela con il management e il  governo….. e tutti possono accusare ….. la società.
2.     Dichiarate, appena potete, di non avere “la risposta”. Questo vi esonererà dall’avere “qualsiasi” risposta.
3.     Per ogni proposta ventilatene una opposta e concludete che la “via di mezzo” (nessun tipo di movimento) rappresenta il modo più saggio per dar corso all’azione. Se questo non dovesse funzionare, mettete in guardia gli altri sul pericolo di muoversi troppo in fretta. Tutto ciò naturalmente è finalizzato a evitare che si cominci.
4.     Puntualizzate che il tentativo di raggiungere una conclusione è solo una “futile ricerca di sicurezza” mentre invece il dubbio e l’incertezza promuovono la crescita. Se  questo dovesse mettervi in una situazione difficile, dite qualcosa che nessuno nel gruppo può capire.
5.     Mostratevi leggermente imbarazzati quando il problema viene sollevato. Insinuate che è di cattivo gusto o troppo elementare per  una considerazione adulta, o che qualsiasi discussione potrebbe venire facilmente fraintesa da estranei. Se gli altri membri dovessero insistere nel voler discutere la questione, dite allora che il problema non può essere separato da altre questioni a monte, pertanto nessun problema potrà essere risolto se non si discute e non si risolve tutto quello che viene prima.
6.     Sottolineate che coloro che vedono il problema, lo fanno come conseguenza delle loro caratteristiche personali: sono infelici, per esempio, e trasferiscono la loro insoddisfazione nelle questioni che si stanno considerando. Quando questo tentativo fallisce, una mossa astuta consiste nel chiedere (magari alla persona più prolissa) cosa si intende dire esattamente con la domanda che ci si sta ponendo. Quando questa sarà esaurientemente chiarita, non ci sarà più tempo per la risposta.
7.     Cercate di far notare tutti gli aspetti di ogni questione nascondendo in questo modo la vostra indecisione sotto una coltre di oggettività. Tutto ciò è certamente impopolare, perciò, per salvaguardarvi, mettete in guardia gli altri dicendo che in ogni tentativo di formulare delle conclusioni ci possono essere pericoli di ogni genere: pericolo di abuso di potere,pericolo  che possa sembrare tale, pericolo di affermare più di quanto non si sappia con certezza e, ovviamente, il pericolo di verificare che nessuno ha una soluzione veramente valida da offrire.
8.     Se fino a questo punto tutto dovesse fallire, insistete nel dire che non si potrà fare nessun passo finchè non sarà possibile consultare un esperto.
9.     Potete anche rifugiarvi in obiettivi generali o dichiarazioni di principio su cui tutti possono trovarsi d’accordo ma che non indicano nessun contributo operativo o alcuna possibilità di modificare la situazione attuale.
10.                       Come ultima risorsa esprimete profusi ringraziamenti per aver sollevato il problema. Esso ha stimolato le nostre migliori riflessioni ed ha contribuito pertanto alla nostra crescita. Dovrebbe ottenere una medaglia!!!!!!!



martedì 21 maggio 2013

LA CONSAPEVOLEZZA DEL MARINAIO

A volte passiamo troppo tempo a preoccuparci delle convenzioni, del dover essere, di tutto quello che le apparenti rassicuranti scadenze temporali del senso comune ci propinano. E se questa davvero fosse la chiave dell'esistenza sarebbe tutto semplice se seguissimo ciò che il senso comune ci disse essere la sequenza giusta di probabilità che fa si che se ti laurei nei tempi giusti, trovi un lavoro ad una certa età, condividi la tua vita con la persona che secondo la scala delle possibilità è quella "da manuale" per te...ebbene si, se seguiamo la ricetta e rendiamo conto a tutti coloro che sono i custodi del dover essere...abbiamo le stesse identiche possibilità di chi non fa niente di tutto ciò....di andare incontro al naufragio.
Chi si muove nell’incertezza della vita è come un esperto marinaio che, in mezzo all’oceano, cerca di prevedere e programmare le proprie azioni sulla base delle condizioni del mare in quel momento. Deve prevedere l’insorgere di imprevisti e prepararsi ad affrontarli confidando solo sulla sua “consapevolezza operativa”, non sul controllo assoluto degli eventi. Non solo egli non conosce e non può conoscere né la profonda verità del mare né tantomeno il perché dei suoi mutamenti. Eppure con questa sua conoscenza limitata al “come fare” attraversa gli oceani e fronteggia le tempeste adattando sempre il suo agire all’evolversi degli eventi.
L’esperto marinaio lascia che i pensieri seguano l’umore del vento e il ritmo delle onde e si abbandona, nel suo viaggio interiore a incontri e solitudini, al bisogno di libertà dal superfluo , dai condizionamenti e dalle convenzioni. Conquista la capacità di sentirsi libero, legato al presente e all’essenziale, la felicità di superare i propri limiti per se stesso, senza altro testimone che il mare.
L’esperto marinaio non ha paura di quei pensieri che penetrano a poco a poco dentro con il loro invito a salpare, a seguire il sogno con umile realismo, imparando a procedere anche a navigazione stimata, a navigare a vista accettando di vivere, come sul mare, nell’incertezza, lasciando che l’inspiegabile resti inspiegato, comprendendo che, a volte, è questa l’unica risposta alla complessità dei problemi umani.



lunedì 20 maggio 2013

CHIANTI POESIA: IRIS in tecnica mista di CLAUDIA CAVALIERE

CHIANTI POESIA: IRIS in tecnica mista di CLAUDIA CAVALIERE: La primavera è tempo di fioritura anche per gli iris, e da sempre per il loro bellissimo fiore sono stati dipinti dai più importanti pittor...

Parliamo di libri...sChianti, le poesie di Leonardo Manetti

Mi occupo di sostenere le persone nel trovare le proprie risorse e potenziarle, nel viaggio di diventare se stesse.
So che ci sono alcune cose cose che provocano e sostengono la motivazione, l'emozione che le aiuta a diventare ogni giorno persone migliori e a credere nei loro sogni:  una è la testimonianza di altre persone che fanno questo, in modo concreto e le emozioni che vivono, che sperimentano, anche grazie a ciò che incontrano. Poi i libri sono spesso ciò che Marco Aurelio definiva "maestri inconsapevoli". Per questo oggi voglio raccontarvi di un libro appena uscito. Si tratta di poesia, poesia vera, quella che crea emozioni, che apre le finestre del cuore e squarci sul modo di vedere la vita, senza effetti speciali, ma con la forza pura dell'essere e del non voler apparire, con la forza profonda di un autore che dà molto a chi lo legge perchè ha la dote rarissima di essere ciò che scrive e di scrivere ciò che è. Il libro si intitola "sChianti" e l'autore è Leonardo Manetti.
Il libro si legge tutto d'un fiato e passeggiando fra le pagine ci si riconosce in un sentimento, in un paesaggio; ci si identifica nella voglia di poter credere nei propri sogni, affrontando anche i momenti non proprio migliori, così come quelli di intensa felicità; ci si perde nella voglia di essere così: capaci di avere un'identità profondamente legata alla propria terra, un'identità che è base solida ma mai un limite, anzi, una certezza dalla quale spiccare il volo. Proprio come l'autore si racconta.
Una forza vera!
E questo raccontare è quello che Leonardo fa anche nel suo blog: www.chiantipoesia.blogspot.it un caleidoscopio magico nel quale il Chianti, la  sua terra di origine, è raccontato in modo assolutamente mai banale e porta il lettore a dondolarsi sull'altalena fra tradizione e innovazione facendo scoprire angoli geografici e del cuore assolutamente inaspettati, come gli strappi cobalto del cielo in un giorno di pioggia! Mai banale...già, perchè Leonardo in tutto ciò che scrive...ad essere banale non ci riuscirebbe proprio neanche volendo!
Quando ho letto per la prima volta le sue poesie, il primo pensiero che mi è venuto in mente è che avrei voluto che tante persone che sono in "viaggio", il perenne viaggio del viandante alla continua ricerca di se stesso ,potessero incontrare i suoi pensieri. Pensieri di una persona con profonde radici, solidamente legata alla sua terra e ai suoi valori, ma con la capacità di guardare l'orizzonte...un orizzonte lontano. Insomma nelle sue poesie c'è l'orizzonte ma anche le radici.

Non voglio raccontarvi tutto...la sua biografia, i suoi progetti, le sue poesie, le viti e i giaggioli, protagonisti del suo quotidiano e del suo lavoro di imprenditore agricolo che si prende cura delle tradizioni della sua terra e della sua famiglia oltre che della qualità e dell'eccellenza che contraddistinguono il territorio del Chianti, potete scoprirle sul suo blog....si, ho detto scoprirle e non leggerle, perchè come tutti gli artisti veri e come le persone che sanno mettere la loro esperienza a disposizione degli altri, Leonardo in quello che fa ci offre sempre punti di vista non convenzionali, con parole e immagini che con una sintesi che non è mai riduttiva ma evocativa, aprono infiniti  universi di possibilità.
Ed è questo che rende il suo libro uno splendido interlocutore, una splendida compagnia sul sentiero per chi ha intrapreso il viaggio di diventare se stesso....la semplicità e il sogno sono fatti della stessa sostanza nelle parole di Leonardo, così come il sapore di valori antichi e la velocità dell'innovativo e dell'innovazione.
Una capacità straordinaria di dipingere sinestesie con le parole, una perfetta consecuzione di passi avanti veloci ma mai intaccati dalla frenesia.
Sembra proprio che i tempi e i ritmi della poesia di Leonardo facciano da guida a chi legge, nella perfetta alternanza degli spazi del pieno e del vuoto, proprio quelli di cui avremmo bisogno quando ci mettiamo in viaggio...cercando  noi stessi.

Ultimo ma non ultimo, da artista non so sottovalutare i sensi e, nell'era del digitale permettetemi di sottolineare il fascino che ha il libro anche come "oggetto". Oggetto inteso come "corpo" dotato di un'anima. Il senso estetico, la carta, la copertina...non sono per me secondari. E allora lasciatemi dire che "sChianti" è proprio bello! Non solo per la sostanza di cui vi ho detto e per la straordinarietà  e l'autenticità del suo autore, ma anche in sè! Bella la grafica, la copertina, la carta, il formato...un piacere anche per gli occhi e per i sensi, oltre che per la mente e per l'anima.
Complimenti quindi anche alla casa editrice "Tempo al libro" per aver contribuito alla bellezza del contenuto con la bellezza del contenitore.

Per chi fa di un libro un compagno di viaggio...non è poco!

Ecco perchè oggi mi sono messa a parlare di poesia...

Rubo per chiudere le parole dalla quarta di copertina del libro di Leonardo.
Le ho già citate in un altro post...sarà perchè spesso dipingo rose e ho un debole per i fiori:

"non attendere domani raccogli oggi le rose della vita, apri le ali e lasciati andare...volare per spazi azzurri e infiniti"


Buona lettura!
                                  
                                                www.chiantipoesia.blogspot.com

domenica 19 maggio 2013

SeMiCerchi...

SeMiCerchi...
qui è l'albero dove la foresta,
se ti perdi,
ti ritroverà.

SeMiCerchi...
qui le mani aperte
sanno accogliere anche il talco più volatile,
ai pugni chiusi scappa via
fra le dita
anche la sabbia più grezza.

SeMiCerchi...
qui la sinestesia
incarta, come il cellophane fa con le rose,
sogni e realtà
perchè solo una convenzione
li separa nella sostanza.

SeMiCerchi...
qui nessuna pseudocertezza
offusca universi di possibilità.

SeMiCerchi...
qui i nastri colorati che vedi
sono stelle filanti soffiate nel vento
non legacci.

SeMiCerchi...
qui ogni frammento
è un tutto

Se orienti lo sguardo cercando vedrai...

Soli o Se...Mi...Cerchi...



venerdì 17 maggio 2013

NON E' UN NODO...

Spesso ad ingannarci è il desiderio di voler essere accettati dagli altri...forse è per questo che talvolta è più facile dare che ricevere.
E' necessario essere profondamente pronti per accogliere un dono quando si tratta di affetti, di relazioni umane.
Bisogna non aver paura, fare un salto quantico fuori dallo stereotipo per capire che
N-O-D-O...vincolo, costrizione e tutto ciò che ne consegue, sono solo un anagramma di D-O-N-O.
In fondo siamo abituati a partire sempre dal presupposto negativo, quasi come se esorcizzare l'esito negativo del naufragare di ogni momento di sincere relazioni umane, ci permettesse di evitare la sofferenza futura e di poterci così crogiolare nei nostri "tanto lo sapevo", "lo avevo detto io", "non poteva che essere così", "nessuno fa niente per niente"...
Quasi diffidiamo di chi è troppo se stesso se è qualcuno che dona senza chiedere niente in cambio.
Quasi diffidiamo delle persone "esuberanti"... più gestibili quelle moderatamente noiose...
Mentre rifletto su tutto questo trovo uno scritto di Cristoph Baker che parla da sè, dicendoci quanto tutto è più semplice se ci liberiamo da tutte quelle teorie psicologiche secondo le quali venire al mondo è un grande trauma!
"Quando l'uomo crea,quando è ispirato, ci mostra la via a un vero godimento della vita.
In quei momenti, sale dal profondo della nostra anima una forza atavica, pura, stravolgente, onnivora: è l'esuberanza. E' quella miscela di vitalità, energia,buon umore, spavalderia,esagerazione e un pò di follia che ci porta dritto in braccio alla felicità. E' come se ogni cellula del nostro corpo  si mettesse a ballare e a cantare. L'esuberanza è una passerella che ci lega direttamente all'emozione più profonda di essere vivi. L'esuberanza ci porta ad aprire porte e finestre chiuse da troppo tempo. Ci spinge a sfidare le leggi della fisica, ci dice che l'orizzonte è raggiungibile anche se sfugge sempre più in avanti, ci parla di isole ancora da scoprire, di foreste incantate da penetrare. L'esuberanza ci invita a liberarci di troppe convenzioni e complessi di colpa. Di lasciar perdere per un pò il calcolo delle probabilità che anche questa avventura si trasformi in un disastro. Ci sarà tempo per la malinconia dopo. Dopo, però. Prima tocca respingere i limiti del mondo conosciuto.Bisogna avventurarsi al di là dei limiti della normalità e delle abitudini. Se spesso ci sentiamo come in una gabbia, forse è dovuto al fatto che non facciamo saltare abbastanza i lucchetti. L'esuberanza ci fa assaggiare il vero gusto della libertà. Ed è un gusto forte, con un buon equilibrio di dolce e amaro, che ti fa inebriare e scopri che questa ebrezza è deliziosa"
Socialmente sovversivi....questi esuberanti che sanno che fra dono e nodo....l'unico legame è un anagramma!

giovedì 16 maggio 2013

"QUI E ORA"...OVVERO PERLE E ROSE...

sprechiamo un sacco di tempo a dondolarci sull'altalena di un tempo non tempo. ma se la felicità che dura una vita altro non fosse che una collana di perle fatta di istanti vissuti fortemente nel presente? Infilati uno dietro l'altro con un filo da pesca tanti momenti vissuti "qui e ora"..."hic et nunc". Non lasciamoci dire dagli altri ciò che va bene o non va bene per noi. Il sentire è ciò che ci guida, non il rinunciare per paura di soffrire domani, non il "tanto so già che non ce la farò", "tanto so già come andrà a finire". Il luogo comune lascia il tempo che trova, eppure assorbe buona parte delle nostre energie.
La nostra mente vive di autoinganni e, come sosteneva Paul Watzlawich l'uomo non è scopritore, bensì creatore di realtà. E allora perchè ci ostiniamo caparbiamente a vivere in tutto ciò che non è in nostro controllo? Il passato è passato....non si può agire su di esso, il futuro...lo immaginiamo stereotipando pensieri, arrampicandoci sullo specchio delle abitudini, del "così si dice", costruendo una improbabile logica fondata su statistica fragile come un castello di farina, su un "so che sarà così" basato sulle esperienze altrui.
Quand'anche facessimo tutto ciò che la logica del "dover essere e dover fare" ci pongono come presunte garanzie che se giochiamo sul sicuro scegliendo la persona adatta a noi perchè ha sulla carta tutte le caratteristiche giuste, il presunto lavoro, magari un pò noioso ma sicuro, e via dicendo...dimentichiamo il caso che gioca i suoi dadi su un panno di velluto nero....a discapito delle pseudocertezze, spesso basate sul voler piacere a tutti e sul senso comune del dover essere e dover fare.
E in tutto questo ginepraio di pensieri, quanto tempo ci rimane per godere dell'unico spazio tempo che è in nostro potere? "qui e ora", per non diventare essere di gozzaniana memoria "di tutte le rose amo solo quelle che non colsi, di tutte le cose quelle che potevano essere e non sono state". Ecco dove ci porta spesso la strada del buonsenso del dover essere.
E visto che ho citato le rose....rubo una poesia bellissima ad un altro poeta. La rubo dalla quarta di copertina del suo libro appena uscito: sChianti: "Non attendere domani, raccogli oggi le rose della vita, apri le ali e lasciati andare...volare per spazi azzurri e infiniti.
Questo il mio saluto di stasera a coloro che camminano nel mondo lavorando per diventare se stessi.