lunedì 14 ottobre 2013

se non decidiamo noi...saranno gli altri a decidere per noi...

LA STORIA DELLA TARTARUGA

Voglio raccontarvi una storia.

Di Anin, una tartaruga che aveva un sogno, voleva arrampicarsi sugli alberi per conoscere altri mondi.
E per fare questo decise che era necessario privarsi del suo guscio, il carapace, inutile intralcio al
raggiungimento del suo obiettivo.

Ma non tutti erano d’accordo.
Anin fu portata davanti al Consiglio delle Tartarughe per essere processata.
Bata, la Gran Maestra, si ergeva glaciale davanti a tutte le altre tartarughe, indignata per il gesto che Anin intendeva compiere.

Se ti togli il guscio, non sarai più considerata una tartaruga!” intimò rabbiosa.
“Può la mia identità” rispose Anin “essere legata a ciò che possiedo?”

E inoltre, pensò tra sé, se ciò che possediamo ci limita a tal punto da impedirci di raggiungere i nostri sogni, perché allora continuiamo ad esserne attaccati?

Tutte le tartarughe” insistette Bata “hanno il loro guscio. Nascono, vivono, muoiono, con il loro guscio. Non puoi… fare… ciò che non è previsto!”

Convinzioni, rifletté Anin.

Chiuse gli occhi. Trattenne il respiro.
Si tolse il guscio.
Silenzio. Sguardi di disapprovazione. Di paura.

Ebbene,” disse Bata “hai scelto.
Hai scelto di non essere più una di noi.
E se sei diversa, sei un pericolo.
Sei pericolosa!”
“Sei pericolosa!” fece eco una tra il gruppo.
“Sei pericolosa! Sei pericolosa!”. L’intero Consiglio si unì in coro.
E Anin fu cacciata dal gruppo.

. . . .

Ora, Anin, vive felice sugli alberi; ha scoperto mondi nuovi, ha conosciuto nuovi amici, che parlano ogni lingua, che le insegnano i segreti più profondi della vita.Ha scoperto che non era lei a possedere il guscio, ma era il guscio a possedere lei.
È una tartaruga? Non le importa. È Anin.

. . . .

Molto più in là, in un giardino recintato, un gruppo di tartarughe nasce, vive, muore.
“Ne manca una.” dice Joe al suo datore di lavoro.
“Non importa,” risponde questi “prendi tutte le altre. L’acqua sta bollendo.”



Accade che, molto spesso, quando ci poniamo un obiettivo, entrino in gioco convinzioni limitanti.
Queste funzionano come un’apparente corazza, che con la scusa di “difenderci dai pericoli” limita i nostri movimenti e le nostre decisioni.